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Gustavo Capitò (Fermo)



PRESENTAZIONE

La foto ritrae Gustavo Capitò con l’uniforme dell’esercito. Di anni 48. Nato il 7 febbraio 1897 a La Spezia. Sposato e padre di due figli. Di professione ufficiale del Regio esercito italiano. Arruolato nel Genio dirigibilisti durante la prima guerra mondiale, combatte sul fronte greco-albanese con il grado di comandante del 37º battaglione mortai della Divisione Modena. Catturato dagli austriaci, alla fine del conflitto viene decorato con la medaglia d’argento al valore. Iscrittosi all’università di Torino, si laurea in Ingegneria ed entra nell’esercito. Tenente colonnello del Comando di stato maggiore per la difesa antiaerea dal 1941, dopo l’armistizio si collega con l’organizzazione clandestina del Partito d’Azione. Nominato consulente del comando militare del Comitato di liberazione nazionale (Cln) di Savona, dal giungo 1944 è trasferito al Comando militare regionale ligure come direttore del servizio informativo. Ricercato dai fascisti, il 16 dicembre 1944 viene sorpreso da alcuni elementi della G.N.R. (Guardia nazionale repubblicana) mentre si trova nell’abitazione dei suoceri, a Genova. Immediatamente arrestato, viene dapprima rinchiuso nella Casa dello Studente, dove subisce ripetuti interrogatori e torture da parte delle SS, quindi viene trasferito nella 4ª Sezione del Carcere di Marassi, a disposizione del comando germanico. Alle prime ore del 23 marzo 1945 viene prelevato dalla sua cella e condotto al cimitero di Cravasco (comune di Campomorone, Genova) con altri 19 detenuti, per essere fucilato in rappresaglia ad un’imboscata partigiana avvenuta proprio il giorno prima nelle vicinanze, ed in cui avevano perso la vita 9 soldati della Wermacht. Durante il viaggio, due dei prigionieri riescono a fuggire saltando dal camion. Gli altri 18 invece vengono fucilati dai nazisti alle ore 4 del mattino. Oltre a Gustavo Capitò, perdono la vita nell’esecuzione Oscar Antibo, Giovanni Bellegradi, Pietro Bernardi, Orlando Bianchi, Virginio Bignotti, Cesare Bo, Pietro Boldo, Giulio Campi, Giovanni Carù, Cesare Dattilo, Giacomo Goro, Giuseppe Malinverni, Nicola Panevino, Renato Quartini, Bruno Riberti, Ernesto Silvestrini. Franco Diodati, colpito di striscio, riesce a salvarsi fingendosi morto.

Autore della presentazione: Igor Pizzirusso

DATI ANAGRAFICI

Età 48 anni
Genere Maschio
Stato civileConiugato
Data di nascita 7/2/1897
Luogo di nascita La Spezia

Data di morte: 23/3/1945
Luogo di morte: Cimitero di Cravasco . C'è memoria epigrafica
Comune di morte: Campomorone
Provincia di morte: Genova
Regione di morte:Liguria

Titolo di studioLaurea. Laurea in Ingegneria all’Università di Torino
Categoria professionaleUfficiali, impiegati pubblici e privati, pensionati
Professione Ufficiale del regio esercito
Appartenenza alle Forze armateEsercito
Reparto tiburio Comando di Stato maggiore per la difesa antiaerea
GradoTenente colonnello

Appartenenza politicaAzionista

ATTIVITÀ NELLA RESISTENZA

Nome di battaglia: Fermo
Tipologia del condannato:Partigiano
Prima formazione nella Resistenza: autunno 1943 - giugno 1944
Tipo di reparto: Comitato
Nome del reparto: Comitato di liberazione nazionale (Cln) di Savona
Grado conseguito: Consulente del comando militare
Seconda formazione nella Resistenza: giugno 1944 - 16/12/1944
Tipo di reparto: Comando
Nome del reparto: Comando militare regionale ligure
Grado conseguito: Direttore del servizio informativo
Condizione al momento della morte: Combattente
Agente della condanna: Decisione di un comando militare
Tipo di esecuzione: Nazista
Circostanza della morte: Strage
Descrizione della circostanza della morte: Il 16 dicembre 1944 viene arrestato da alcuni elementi della G.N.R. (Guardia nazionale repubblicana) mentre si trova nell’abitazione dei suoceri, a Genova. Rinchiuso nella Casa dello Studente, viene interrogato e torturato dalle SS, prima di essere trasferito nelle carceri di Marassi, dove rimarrà fino al 23 marzo 1945, quando i tedeschi lo fucileranno per rappresaglia ad un imboscata partigiana nella zona di Cravasco.
Causa della morte: Fucilazione
Modalità dell'esecuzione Alle prime ore del 23 marzo 1945 venti detenuti vengono prelevati dalle carceri di Marassi per essere fucilati in rappresaglia ad un’imboscata partigiana nella zona di Cravasco che era costata la vita a 9 militi tedeschi. Durante il viaggio verso il cimitero del paese, due dei prigionieri riescono a fuggire, saltando dal camion. Gli altri 18 invece vengono fucilati dai nazisti alle ore 4 del mattino. Questi i loro nomi: Oscar Antibo, Giovanni Bellegradi, Pietro Bernardi, Orlando Bianchi, Virginio Bignotti, Cesare Bo, Pietro Boldo, Giulio Campi, Gustavo Capitò, Giovanni Carù, Cesare Dattilo, Giacomo Goro, Giuseppe Malinverni, Nicola Panevino, Renato Quartini, Bruno Riberti, Ernesto Silvestrini. Franco Diodati, colpito di striscio, riesce a salvarsi fingendosi morto.
Collegamenti:Strage di Cimitero di Cravasco , comune di Campomorone . 23/3/1945
Visualizzazione ingrandita della mappa
Condannati dello stesso gruppo di cui esistono lettere: Cesare Dattilo | Nicola Panevino | Renato Quartini |

BIBLIOGRAFIA

  • Cravasco, Rappresaglia di in "Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza", Milano, La Pietra, 1968, pp. 698-699
  • Giorgio Gimelli Cronache militari della Resistenza in Liguria, Genova, Cassa di risparmio di Genova e Imperia, 1985, vol. II, 345, 648, 696 e 725
  • Franco Gimelli - Paolo Battifora (a cura di) Dizionario della Resistenza in Liguria, Genova, De Ferrari, 2008 , p. 89
  • Giorgio Pisanò Storia della guerra civile in Italia 1943-1945, Milano, Edizioni Val Padana, 1974, vol. II, pp. 1066-1072
  • Mario Zino Gustavo Capitò in "Più duri del carcere", Genova, E. Degli Orfini, stampa 1946, pp. 126-141

COLLOCAZIONE ARCHIVISTICA

» Leggi
Lettera a Moglie e ai figli,
Località di stesura: Genova
Stato del documento: copia



Collocazione bibliografica:
Mimmo Franzinelli, Ultime lettere dei condannati a morte e di deportati della Resistenza. 1943-1945, Milano, Mondadori, 2005, p. 108


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