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Giorgio Labò (Lamberto)



PRESENTAZIONE

La foto, che ritrae un giovanissimo Giorgio Labò, è conservata presso l’archivio Insmli sottoforma di copia digitale. Di anni 24. Nato il 29 maggio 1919 a Modena. Residente a Genova. Studente universitario iscritto alla facoltà di Architettura. Arruolato come sergente nel Genio minatori dell’esercito italiano durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre aderisce al movimento partigiano e partecipa ai combattimenti di Poggio Mirteto (Rieti). Spostatosi a Roma a novembre, entra subito a far parte dei G.A.P. (Gruppi di azione patriottica) e dell’organizzazione clandestina del Partito comunista. Nei mesi successivi prende parte a numerose azioni di sabotaggio e gestisce, assieme a Gianfranco Mattei, la "Santabarbara" di Via Giulia. Proprio qui viene sorpreso dalle SS tedesche, il 1º febbraio 1944. Immediatamente arrestato, viene rinchiuso nella cella nº31 delle carceri di Via Tasso, dov’è costretto a subire ripetuti interrogatori e torture. Per 18 giorni le mani e i piedi gli vengono legati così stretti da diventare lividi, gonfi e tumefatti, tanto da impedirgli persino di scrivere e camminare. Il 7 marzo 1944 è prelevato dalla sua cella e condotto a Forte Bravetta per essere giustiziato. Trasportato a braccia davanti al plotone d’esecuzione, viene fucilato, senza processo, assieme ad Antonio Bussi, Concetto Fioravanti, Vincenzo Gentile, Paul Lauffer, Francesco Lipartiti, Antonio Nardi, Mario Negelli, Augusto Pasini e Guido Rattoppattore. Alla memoria di Giorgio Labò è stata assegnata la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: "Formatosi ad una pura fede antifascista, sergente del genio minatori, combattè strenuamente l’8 settembre 1943 contro il tedesco invasore. Accorreva quindi nelle file partigiane, compiendo innumerevoli ed audaci azioni di sabotaggio. Distruggeva, fra l’altro, un treno e un ponte ferroviario. Entrato nell’organizzazione militare del partito comunista italiano, diveniva a Roma l’animatore instancabile dei gloriosi G.A.P. centrali. Tecnico espertissimo del sabotaggio, costituiva nel cuore stesso della città un laboratorio per la costruzione dei mezzi più efficienti d’offesa con i quali riforniva i suoi reparti d’assalto. Caduto nelle mani delle SS. tedesche, resisteva con incrollabile fermezza alle torture più atroci per più di un mese. Legato mani e piedi ininterrottamente da strettissimi vincoli che fecero in breve tempo incancrenire i suoi polsi, con le ossa fracassate ed il volto disfatto dalle percosse, ad ogni intimazione dei carnefici rispondeva: « Non lo so e non lo dico. Viva l’Italia! ». Condannato senza processo alla pena capitale, cadeva serenamente sotto il piombo tedesco. Palidoro, settembre 1943 - Poggio Mirteto, ottobre 1943 - Roma, novembre 1943-marzo 1944." Dopo la liberazione, gli è stata conferita anche la Laurea ad honorem in Architettura.

Autore della presentazione: Igor Pizzirusso

DATI ANAGRAFICI

Età 24 anni
Genere Maschio
Stato civileCelibe
Data di nascita 29/5/1919
Luogo di nascita Modena
Residenza Genova

Data di morte: 7/3/1944
Luogo di morte: Forte Bravetta . C'è memoria epigrafica
Comune di morte: Roma
Regione di morte:Lazio

Titolo di studioStudi universitari. Iscritto alla facoltà di Architettura. Gli è stata conferita la Laurea ad honorem dopo la sua morte.
Categoria professionaleCondizioni non professionali
Professione Studente universitario
Appartenenza alle Forze armateEsercito
Arma Genio minatori
GradoSergente

Appartenenza politicaComunista

ATTIVITÀ NELLA RESISTENZA

Nome di battaglia: Lamberto
Tipologia del condannato:Partigiano
Prima formazione nella Resistenza: settembre 1943 - 7/3/1944
Condizione al momento della morte: Combattente
Agente della condanna: Decisione di un comando militare
Tipo di esecuzione: Nazifascista
Circostanza della morte: Strage
Descrizione della circostanza della morte: Sabotatore ed organizzatore (con Gianfranco Mattei) della Santa Barbara di Via Giulia, a Roma, il 1° febbraio 1944 Giorgio Labò è sorpreso dalle SS tedesche proprio in quel luogo. Immediatamente arrestato, viene rinchiuso nella cella n°31 delle carceri di Via Tasso, dov'è anche torturato e interrogato a più riprese. Mani e piedi gli vengono legati così stretti da diventare lividi, gonfi e tumefatti, tanto che negli ultimi giorni di vita gli sarà persino impossibile camminare o scrivere. Il 7 marzo è caricato con altri 8 prigionieri su una camionetta e trasportato a Forte Bravetta, dov'è fucilato dai nazifascisti.
Causa della morte: Fucilazione
Modalità dell'esecuzione Il 7 marzo 1944 un gruppo di detenuti delle carceri romane è caricato su una camionetta e condotto a Forte Bravetta. Antonio Bussi, Concetto Fioravanti, Vincenzo Gentile, Paul Lauffer, Francesco Lipartiti, Antonio Nardi, Mario Negelli, Augusto Pasini e Guido Rattoppatore scendono dal mezzo con le proprie gambe, mentre Giorgio Labò viene trasportato a braccia: il trattamento subito in carcere gli ha reso impossibile l’uso sia delle mani che dei piedi. I dieci prigionieri vengono quindi condotti sugli spalti del forte e fucilati.
Riconoscimenti:militare: Medaglia d'oro
Collegamenti:Strage di Forte Bravetta , comune di Roma . 7/3/1944
Visualizzazione ingrandita della mappa
Condannati dello stesso gruppo di cui esistono lettere: Guido Rattoppatore |

BIBLIOGRAFIA

  • Come una madre italiana ha trovato la salma dei figlio assassinato a via Tasso in "L'Unità" Sabato 18 agosto 194, 1945
  • In 38 pagine in "Lettura", Milano, 28 marzo 1946
  • Ricordo di Giorgio Labò in "Corriere del popolo", Genova, 7 marzo 1946
  • Labò, Giorgio in "Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza" vol. III, Milano, La Pietra, 1976, pag. 243
  • Le radici e le ali: 1943/45-1993/95: memoria e storia nelle celebrazioni del cinquantennale della Resistenza e della Guerra di liberazione, Roma, 1996, p. 369
  • AA. VV. Un Sabotatore, Giorgio Labò: Testimonianze di suo padre, Milano, La Stampa moderna, 1946
  • Mario Avagliano - Gabriele Le Moli Muoio innocente. Lettere di caduti della Resistenza a Roma, Milano, Mursia, 1999, pp. 104-105
  • Pietro Boragina Vita di Giorgio Labò, Torino, Aragno, 2011
  • Franca Caputo - Giorgio Caputo La speranza ardente. Storia e memoria del movimento studentesco antifascista, Roma, Il Tipografo, 1998, pp. 144, 145, 152, 169, 170, 175
  • Enzo Collotti - Renato Sandri - Frediano Sassi (a cura di) Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2001, vol. I, p. 419; vol. II p. 210
  • Giorgio Labò Un sabotatore: Giorgio Labò / prefazione di Lionello Venturi, Milano, stampa 1946, pp. 18, 40
  • Piero Malvezzi - Giovanni Pirelli (a cura di) Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana: 8 settembre 1943-25 aprile 1945, Torino, Einaudi, 2003, p. 159
  • Camillo Sbarbaro Ricordo di Giorgio Labò, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1969
  • Wladimiro Settimelli Processo Kappler, Roma, L'Unità, 1994, pp. 26-29
  • COLLOCAZIONE ARCHIVISTICA

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    Lettera scritta in data 07-03-1944
    Località di stesura: Roma
    Stato del documento: copia


    Tipo di copia della lettera: trascrizione a macchina

    La lettera è conservata presso:
    Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri - Milano

    Indirizzo web:
    http://www.italia-liberazione.it/parri-milano

    Collocazione archivistica:
    Fondo Malvezzi Piero Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea, b. 7 fasc. 14

    Note al documento:
    La lettera non ha data, ma una didascalia sopra il testo, nella trascrizione, spiega che si tratta di un "messaggio dettato al cappellano,pochi istanti prima della fucilazione; un'infezione contratta alle mani,in seguito alle torture subite,impediva al condannato di scrivere".

    INFORMAZIONI REPERIBILI IN ALTRE BANCHE DATI