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Testo: Faenza 10 febbraio 1944 ore 23/4 Mia amata Lucia ancora poche ore di vita poi sarò fucilato. Il cuore non mi trema in queste ore supreme nel tracciarti queste righe che sono il mio estremo affettuoso saluto a te che lascio vedova e al mio amato Bruno che lascio orfano. Non mai dimenticarti del tuo Romolo che ti ha voluto tanto bene, e ricordami sempre a mio figlio finché sarete sulla Terra in vita. La mia più grande preoccupazione non è la morte a cui vado incontro col sorriso sulle labbra, ma il lasciarti sola con Bruno lungo la vostra vita, perché tu sei una povera anima quasi smarrita e inesperta in mezzo a tutte le cose; ti giovi quindi questo mio consiglio affinché tu possa regolarti nella esistenza. Rimanendo vedova non devi approfittarne per condurre una vita dissoluta e leggera, ma devi rimanere onesta ed esperta, altrimenti cadrai sempre in disgrazia. Se trovi un uomo che ti sposi fallo pure tuo marito, ma prima non lasciarti convincere da lusinghe e da promesse e cerca di vedere se l’uomo che ti sposa, sia un bravo e onesto lavoratore; facendo ciò ti troverai sempre contenta. Te lo garantisce il tuo Romolo che sta morendo. Ti raccomando una cosa molto importante, cioè di mandare a scuola il bambino mio affinché egli possa educarsi come si deve, e capire un giorno perché è morto il babbo. Mandalo sempre a scuola e insegnaci il bene. I soldi che ti ho lasciato sono tutti i tuoi e servano pel mantenimento della famiglia, e l’educazione di Bruno. Vendi la casa perché può essere un giorno di pericolo, e va a pagare la pigione in altra casa. Addio mia buona Lucia baciami tanto il mio Bruno e ricordaci il babbo morto. Addio Addio Lucia Addio Addio Bruno Baci alla mia buona mamma Signora Lucia Camera Cani |
COLLOCAZIONE ARCHIVISTICA
Lettera a Moglie, scritta in data 10-02-1944
Località di stesura: Faenza (RA)
Stato del documento: copia
Collocazione bibliografica:
Gian Luigi Melandri, La porta aperta. Vita di Don Giovanni Melandri 1880-1972, Faenza, Edit Faenza, 2001, p. 297.
Note al documento:
I famigliari di Romolo Cani disponevano di una trascrizione della lettera e non dell’originale andato distrutto nel bombardamento della loro casa. Un duplicato, ricopiato con matita blu su carta velina, era in possesso di Don Giovanni Melandri pervenutogli probabilmente tramite lo zio Don Luca Conti a sua volta entratone in possesso tramite Don Ferdinando Conti allora cappellano militare. Il testo qui proposto è stato redatto da Gian Luigi Melandri e, come egli afferma, “è frutto del raffronto tra i due testi a disposizione, lasciando alcune imperfezioni e operando solo piccole correzioni”.
I famigliari di Romolo Cani disponevano di una trascrizione della lettera e non dell’originale andato distrutto nel bombardamento della loro casa. Un duplicato, ricopiato con matita blu su carta velina, era in possesso di Don Giovanni Melandri pervenutogli probabilmente tramite lo zio Don Luca Conti a sua volta entratone in possesso tramite Don Ferdinando Conti allora cappellano militare. Il testo qui proposto è stato redatto da Gian Luigi Melandri e, come egli afferma, “è frutto del raffronto tra i due testi a disposizione, lasciando alcune imperfezioni e operando solo piccole correzioni”.