Lettera di Ferruccio Valobra (Capitano Rossi) a Silvia e Mirella scritta in data 22-09-1944 da Carceri giudiziarie di Torino

  • Didascalia: L’immagine riproduce la trascrizione dell’ultima lettera di Ferruccio Valobra, scritta il giorno stesso della sua esecuzione.
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  • Testo dell'immagine:

    Carceri Giudiziarie di Torino, 22.9.1944

    Mie adorate Silvia e Mirella,
    sono stato condannato alla fucilazione senza avere potuto
    difendermi: cose dei tempo nostri; pazienza!
    Ho ugualmente l’animo sereno ed altrettanto spero di voi:
    tu mia diletta Silvia sappi essere forte per il bene della
    nostra figlia; a te chieggo scusa e perdono, se non sempre
    sono riuscito ad essere paziente e buono come avrei dovuto
    esserlo con te che nella tua vita ha conosciuto solo sacrifici
    ed immensa dedizione alla famiglia.
    A Mirella invio il mio paterno saluto, con il cuore straziato
    di non avere potuto esserle di guida nei duri anni che
    l’attendono: ma sei una fanciulla intelligente e seria e non
    mancherai di fare la tua strada sotto la guida della Mamma
    che ora sostituisce anche me: sii forte e sii italiana come ho
    sempre richiesto al tuo cuoricino di donnina sensibile e cara.
    Non guastare il tuo sensibile spirito e tanto tu quanto la
    Mamma non dimenticate di venirmi a visitare: però niente
    lacrime e Mira con il suo dolce sorriso porti sulla mia ultima
    dimora una bella rosa che innaffierà con amore e con qualcuna
    delle sue dolci canzoni tra le labbra; io ti benedirò e ti seguirò
    nei dolori e nelle gioie che ti auguro ancora numerose nella tua
    vita: avrai figli; a quelli insegnerai che il nonno è stato un forte
    alpino e che ha saputo anche morire da "scarpone" pensando
    che chi per la Patria muore vissuto è assai.
    E mentre scrivo penso tanto a Mammetta ed al suo piano;
    alcune note le riserberai a me ricordando che, forse per
    intuizione, care mi erano le pagine dell’Andrea Chénier,
    poeta sfortunato ma grande patriota.
    [...]
    Ed ora ritorno a voi mie dilette per rinnovarvi la preghiera
    di essere serene di fronte a tanta avversità. Spero che il mio
    sacrificio come quello dei miei compagni serva a darvi un
    migliore domani, in un’Italia più bella quale io e voi abbiamo
    sempre agognato nel più profondo del nostro animo.
    Non vi voglio imporre il soggiorno piuttosto qui che altrove:
    lascio al giudizio di Mamma che farà per il meglio: siatemi
    soltanto vicine di frequente e pensate con amore a Papà
    sfortunato. E se verrete da me, come dicevo, niente pianti
    ma sorrisi; tutto al più solo due piccole lacrimucce sulla
    tomba; scenderanno a me e riscalderanno ancora il mio
    povero cuore per dar ritornare in su una bella foglia verde
    ed un "fiorellin d’amore" come vuole la nostra bella canzone
    alpina.
    Che mi sia concesso da Dio di potervi seguire e benedire come
    vi meritate.
    Aff.mo papà