- Didascalia: L’immagine riproduce la terza pagina della trascrizione a macchina della lettera di Luigi Capriolo al fratello Giovanni, scritta durante i mesi di lotta partigiana, prima della cattura e dell’impiccagione.Nota: Questa immagine contiene un watermark indelebile che consente di risalire al legittimo proprietario.
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Proprietà della foto: Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia Ferruccio Parri
Collocazione archivistica: Fondo Malvezzi Piero Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea, b. 9 fasc. 23 - Testo dell'immagine:
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do il numero dei feriti che venivano subito avvicinati dai tedeschi. Giunta al numero quat=
trola suora si era fermata: vi ero ancora io da indicare. Bastava ce essa dicesse ancora un
numero e sarebbe toccata a me: questo numero non lo disse ed i tedeschi non insistettero ol=
tre i quattro che il numero sul quale erano stati informati.
Non auguro a nessuno di trovarsi mai nella condizione in cui mi sono trovato io in quel
momento: vedere portar via i propri soldati ed essere impotente a salvarli. Avrei voluto
svelarmi ma non ho pensato che il mio sacrificio non avrebbe salvato loro: se avessi avuto an=
che la più piccola probabilità di salvarli con il mio sacrificio l’avrei fatto senza esita=
zione e con l’animo sgombro da ogni spirito di conservazione della mia persona. Purtroppo
invece con i tedeschi questo non è possibile ed allora ho pensato che sarei stato ancora u=
tile altrove alla causa del Paese. Quando i tedeschi, finita l’azione del prelievo, se ne an
darono scoppiai in lacrime come uno sfogo di rabbia impotentetratenuta a lungo nel cuore.
Le suore e gli ammalati mi furono ancora attorno: io parlai loro del delitto di cui si mac=
chiavano i tedeschi e dell’eroico sacrificio dei giovani patrioti. Una monaca giunse le ma=
ni e di fronte a tutti i presenti che, presi dalla commozione, piangevano, disse: offriamo
questo sacrificio per il riscatto della Patria.
La mia permanenza nell’ospedale non era più sicura, troppi sapevano che io ero stato sal=
vo per caso. I tedeschi informati della cosa avrebbero potuto ritornare. Si poneva quindi il
problema del mio salvataggio. Un medico mi ha imprestato i suoi abiti e tutto l’occorrente.
Vestito da civile, non ero più riconoscibile,però bisognava uscire dall’ospedale ed andare
in altro rifugio. Dove? nessuno sapeva indicarmi un luogo sicuro. La sacrestia della chiesa
dell’ospedale è stato il primo luogo di rifugio,indi attraverso l’aiuto di un padre salesia=
no del Collegio Don Bosco trovai ospitalità nel collegio stesso. Il buon sacerdote,il cui
nome ricorderò sempre con affetto, mi fu compagno nelle strade da attraversare e di guida
per il collegio. E’ stato lui a perorare la causa presso il Direttore del Collegio ottenen=
do, sotto la sua responsabilità personale,l’autorizzazione ad ospitarmi. Nel lasciarmi, il
buon salesiano, mi ha abbracciato dicendo: " ringrazio il Signore che ha lasciato a me il
compito di salvarlo dalle mani dei tedeschi ". Era veramente felice per non dire radioso
per l’azione compiuta in mio favore.
Questa lettera è composta da 4 pagine.
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