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Testo: Caro Luciano, mi è parsa giusta la decisione del comandante Bob di dividere la Brigata in quattro battaglioni d’assalto e di passare all’offensiva su Bologna e su Imola. Penso però, e la cosa mi addolora, che non tutti ci ritroveremo dopo la battaglia. È inutile illudersi: sarà dura, molto dura e i fatti ci metteranno ancora una volta alla prova. Al di là di queste montagne, si dice, c’è la libertà. Io personalmente ne dubito. Sarebbe meglio dire che vi sarà la libertà se noi sapremo esserne i portatori e se riusciremo a trasferire nelle città e in tutto il paese i principii di lealtà e di amicizia che qui abbiamo saputo istituire e difendere. E poi, te lo dico con tutta franchezza, io ho paura che questa nostra libertà si disperda nei compromessi e nelle lotte politiche non sempre pulite: le notizie che a tale proposito si hanno nel Sud mi intristiscono; mi sembra che si rimettano i destini della libertà nelle mani di coloro che al fascismo non hanno opposto che una ben miserevole resistenza! So che tu sei fiducioso e ottimista. Discutevo di queste cose con Bergami e anche lui, da bravo comunista, vedeva tutto un avvenire di civiltà e di pulizia; avremmo dovuto riparlarne ancora; ma poi, come tu sai, il mortaio gli ha squarciato la testa proprio alla fine della battaglia della Bastia. Non lo dimenticherò mai. Ma ora ci sono i problemi dell’immediato domani e converrà pensare a quelli. Ritorneremo all’attacco, questo è l’importante. E libereremo la nostra Bologna. In città faremo una festa che non finirà mai e cacceremo via di torno gli attesisti e i vili. Quelli che non hanno preso posizione sono i veri e permanenti nemici della libertà: basterà un niente per farli ridiventare fascisti. So che molti miei amici di ieri saranno fra questi e la cosa mi avvilisce. Il tempo stringe. Anch’io avrò la mia arma: una fiammante rivoltella tedesca che Giorgio, il nostro mitragliere, ha recuperato dopo uno scontro nella strada. Mi aveva offerto anche un paio di scarpe tedesche quasi nuove, ma io le ho rifiutate. È una questione di gusto: non voglio pestare questa terra con le scarpe tedesche! Preferisco continuare con i miei vecchi, e una volta elegantissimi, scarponi di Aosta, anche se fanno acqua di sopra e di sotto. Ci rivedremo? Lo spero tanto. E ora, caro Luciano, ti abbraccio. I primi si sono già avviati e cantano ancora quell’inno anarchico che a me piace tanto e che so che ti irrita. Addio tuo Gianni |
COLLOCAZIONE ARCHIVISTICA
Lettera a amico Luciano Bergonzini, scritta in data 00-09-1944
Stato del documento: copia
Tipo di copia della lettera: copia a stampa
Collocazione bibliografica:
M. Franzinelli, Ultime lettere dei condannati a morte e di deportati della Resistenza. 1943-1945, Milano, Mondadori, 2005, p. 342; A. Albertazzi-L. Arbizzani-N. S. Onofri, Gli antifascisti , i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese, 1919-1945.