di Redazione | 16 Aprile 2014 | Notizie |
Online 699 lettere di partigiani condannati a morte e deportati politici e razziali.
In occasione del 25 aprile 2014 è stata rinnovata e potenziata la banca dati realizzata dall’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia.
“No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere.
Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere!”.
Questa esortazione agli amici da parte di Giacomo Ulivi (foto a sinistra), studente diciannovenne di Parma fucilato a Modena il 10 novembre 1944, è una delle tante frasi emozionanti contenute nella banca dati “Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana” realizzata a partire dal 2007 dall’Istituto nazionale.
Uno strumento a disposizione di tutti i cittadini, esito finale di una ricerca biennale che ha ricevuto subito grande apprezzamento, sia per l’interesse indubbio della materia trattata sia per la qualità tecnica e informatica del prodotto. Grazie al costante incremento e all’aggiornamento dei materiali e dei documenti pubblicati, “Ultime lettere” ha continuato a mantenere anche negli anni successivi un elevato numero di contatti giornalieri e risulta essere la piattaforma informatica INSMLI col maggior numero di condivisioni sia su altri siti web sia sui social network.
In questo periodo di ricorrenza del 70° anniversario della lotta di liberazione, l’Istituto Nazionale ha deciso di promuovere e realizzare una nuova versione del database, per migliorarne le funzionalità e renderlo ancora più completo e aderente alle nuove esigenze comunicative.
Ad oggi sono presenti nel data base 699 lettere di condannati e deportati della Resistenza scritte tra il 1941 e il 1945 da 525 condannati e deportati (di cui 13 ancora anonimi). Inoltre, sono stati pubblicati 50 testamenti spirituali scritti da 44 persone. Di queste persone sono state finora pubblicate 340 foto anagrafiche e 295 lettere autografe.
di Redazione | 16 Aprile 2014 | Iniziative |
A San Donato Milanese, dal 16 al 29 aprile 2014, è visitabile la mostra “Teresio Olivelli: l’Amore che tutto vince”. L’esposizione è stata realizzata dall’Azione Cattolica della Diocesi di Vigevano e si compone di 24 pannelli su cui, con foto e documenti, sono descritte le tappe della vita di Olivelli, dall’infanzia a Bellagio fino alla sua morte.
La biografia di Teresio Olivelli pubblicata in questa banca dati
Di anni 29, professore universitario, celibe. Nato il 7 gennaio 1916 a Bellagio (Como) e residente a Mortara (Pavia). Cresciuto in una famiglia di profonda fede cattolica, nel corso degli studi universitari aderì al fascismo pensando di poterne modificare gli aspetti che secondo lui erano negativi tramite il Cristianesimo. Nel 1939 partecipò ai Littoriali della cultura di Trieste vincendoli con una dissertazione sul razzismo. Laureatosi in Giurisprudenza l’anno precedente, divenne nel 1939 assistente di Diritto amministrativo all’Università di Torino. Nel 1940 fu segretario del Servizio studi dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista a Roma fino a quando partì volontario per la guerra. Combatté nel 13º Reggimento artiglieria alpina della Divisione “Julia” con il grado di sottotenente. Dopodiché partecipò alle operazioni sul fronte russo. Questa esperienza lo cambiò radicalmente. Rientrato il 20 marzo 1943, a soli 27 anni fu assunto come rettore dal Collegio universitario “Ghislieri” di Pavia. Richiamato alle armi nel luglio successivo, dopo l’8 settembre 1943 fu catturato dai tedeschi e deportato in Germania. Dopo otto tentativi di fuga, riuscì finalmente a raggiungere l’Italia e ad entrare in contatto con il movimento clandestino. Incaricato di organizzare i contatti tra la provincia di Brescia, Cremona e il CLN di Milano, si dedicò soprattutto alla propaganda in ambienti cattolici grazie anche all’aiuto di Carlo Bianchi con cui fondò il foglio clandestino “Il Ribelle”. Il 27 aprile 1944 fu arrestato, insieme a costui in piazza San Babila a Milano, da militi dell’UPI avvisati della loro attività antifascista da un delatore. Immediatamente incarcerato nelle prigioni di San Vittore, fu sottoposto a duri interrogatori perché considerato un disertore. Vi rimase fino al 9 giugno quando fu inviato a Fossoli come internato politico. Qui ebbe modo di aiutare molti suoi compagni grazie alla sua conoscenza del tedesco. La sera dell’11 luglio anche il suo nome comparì nell’elenco di coloro che sarebbero stati fucilati il giorno dopo. Agli internati fu detto che avrebbero invece dovuto partire per nuova destinazione. La mattina del 12 luglio Olivelli non rispose all’appello. Rimase nascosto nel campo fino all’inizio di agosto quando fu scoperto in seguito allo sgombero di Fossoli. Tradotto a Bolzano, il 5 settembre fu deportato a Flossenburg. Il 1º ottobre fu destinato al sottocampo di Hersbrück dove morì il 12 gennaio 1945 in seguito alle percosse di una guardiano polacco per aver aiutato un prigioniero ebreo. Nell’aprile 1953 gli fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor militare alla memoria.
Teresio Olivelli in un’immagine tratta dal volume Uomini nomi memoria: Fossoli 12 luglio 1944 (a cura di Anna Maria Ori – Carla Bianchi Iacono – Metella Montanari; Carpi, Nuovagrafica, 2004, p. 132).“
L’ultima lettera di Teresio Olivelli, scritta in data 8-10-1944 da Hersbrück
di Redazione | 10 Aprile 2014 | Nuovi documenti, Pubblicazioni |
In occasione dell’uscita in libreria del volume su Andrea Lorenzetti, il figlio Guido ha fornito alla Redazione l’ultimo messaggio scritto da suo padre, il 15 maggio 1945 da Gusen (sottocampo del lager di Mauthausen). Il messaggio sarà presto pubblicato nella banca dati, unitamente alla scheda bioanagrafica di Andrea Lorenzetti.
Dalla quarta di copertina del volume:
“Dalle carceri di Milano al campo di lavoro di Fossoli e al Lager di Mauthausen, si snoda dal marzo 1944 al maggio 1945 l’itinerario di speranze e di sofferenze di Andrea Lorenzetti, una testimonianza toccante per intensità e forza interiore, l’autobiografia epistolare di un uomo che in circostanze disperatamente avverse ha testimoniato la forza degli ideali di solidarietà e di pace.” (Mimmo Franzinelli)
di Redazione | 22 Marzo 2014 | Nuovi documenti |
Ultima lettera di Antonio Brancati: prima facciata
In occasione del 70° anniversario della strage di Maiano Lavacchio (Grosseto), Salvatore Brancati – nipote di Antonio Brancati, una delle vittime dell’eccidio – ci ha gentilmente inviato una nuova foto dello zio, nonché una scansione della sua ultima lettera autografa. Il documento era precedentemente pubblicato sottoforma di trascrizione a macchina, tratta dal Fondo Malvezzi Piero – Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana e europea (conservato presso l’archivio INSMLI).
Lo stesso Salvatore Brancati riferisce che: ”La lettera ci pervenne tramite il commissario di P.S. Sebastiano Scalone, collega e conoscente di mio nonno Giovanni, maresciallo di P.S. e papà di zio Antonio. Il comm. Scalone fu, purtroppo, uno degli autori della strage e fu in seguito condannato. Ebbe consegnata la lettera da mio zio, pochi momenti prima della fucilazione, e non so come ce la fece avere.”